Dott. Stefano Andreoli

7 feb 20183 min

La poesia, per tautologia, è russa: S.A.Esenin

Aggiornato il: 5 ott 2021

Esenin, o come si piaceva far chiamare lui, "mosca delle bettole", nasce nel 1895 in un minuscolo villaggio rurale della Russia, da genitori contadini.Poeta della bellezza della Natura, perennemente ebbro di Vita (e di vino), assiduo frequentatore di bordelli, bisessuale con alle spalle 5 matrimoni, fu una persona estremamente sensibile e allo stesso tempo violenta, romantica e stravagante, con un'esistenza piena di eccessi (clamoroso fu l'episodio in cui vennero cacciati da un albergo perchè sua moglie si era messa a ballare completamente nuda al passo dei versi recitati dal poeta).

Gli ultimi due anni della sua vita sprofonda in una terribile disperazione senza fine. La dipendenza cronica dall'alcol cominicia a farsi sentire: iniziano le prima allucinazioni visive e i suoi comportamenti si fanno sempre più bizzarri e sregolati, fino al ricovero in un ospedale psichiatrico.

Dimesso per il giorno di Natale, il poeta viene trovato tre giorni dopo impiccato con una cinghia alle tubazioni dell'impianto di riscaldamento, con varie ferite al braccio sinistro, un profondo taglio al braccio destro e un grosso livido all'occhio sinistro. Deceduto tra la notte del 27 e il 28 dicembre del 1925, la mattina stessa del 27 aveva consegnato la sua ultima poesia scritta col suo stesso sangue ad un amico passato a trovarlo. Ancora oggi la sua morte è attorniata da un alone di mistero, in quanto non si esclude l'ipotesi che il suicidio sia stato tutta una montatura.

Fu proprio al termine di questi due anni terrificanti che Esenin scrisse le poesie più straordinarie e intense di tutta la sua esistenza, che durò solamente 30 anni.

_______________________________________________________________________

Confessioni di un teppista

Come una mela ai piedi degli altri.
 

 
Non a tutti è dato cadere
 

 
"Non tutti possono cantare,

Che possa fare un teppista.
 

 
È questa la più grande confessione

La bolla dondolante dei capelli.
 

 
Allora stringo solo con le mani più forte
 

 
Di ruttante bufera.
 

 
Mi volino addosso, come grandine
 

 
Mi piace che i sassi dell’ingiura
 

 
Lo spoglio autunno dell’anime vostre.
 

 
Mi piace rischiarare nelle tenebre
 

 
Col capo, come un lume a petrolio, sulle spalle.
 

 
Vado a bella posa spettinato,

Scagliato contro me.
 

 
Con le forche per ogni vostro grido
 

 
Loro verrebbero a infilzarvi
 

 
Che a primavera fa soffici i verdi.
 

 
Come la pioggerella,
 

 
Cui son caro, come un campo e la carne,
 

 
Cui non importa di tutti i miei versi,
 

 
Che ho un padre e una madre lontani,
 

 
Lo stagno erboso e il fioco stormire dell’alno,
 

 
M’è così dolce allora ricordare

E scarpe di vernice.
 

 
Ora invece cammina in cilindro
 

 
Nelle pozze autunnali?
 

 
Quando coi piedi nudi si bagnava
 

 
Per la sua vita,
 

 
Non vi brinava sul cuore
 

 
È il miglior poeta di Russia!
 

 
Che vostro figlio
 

 
Oh! poteste capire
 

 
E le viscere palustri.
 

 
E temete il Signore
 

 
Siete certo imbruttiti,
 

 
Poveri, poveri contadini!

Come lo strascico d’un abito nuziale.
 

 
È pronto a reggere la coda a ogni cavallo,
 

 
Dei campi natali,
 

 
E ricrodando l’odore di letame
 

 
Ed incontrando in piazza i vetturini
 

 
Egli manda un saluto di lontano.
 

 
Ad ogni mucca sulle insegne di macelleria
 

 
Che ogni cosa vuol rimettere aposto.
 

 
Del monello campagnolo,
 

 
Ma vive ancora in lui l’antica foga

La sua corteccia è dura come allora?
 

 
Con la sua cima verde?
 

 
È sempre lo stesso, anche ora,
 

 
Arrampicandomi sui suoi rami!
 

 
Oh, quante uova rubavo ai nidi dei corvi,
 

 
Al falò del tramonto.
 

 
Si fosse accoccolato a riscaldarsi
 

 
Il nostro acero pareva
 

 
Delle serate umide d’aprile
 

 
Sogno la bruma
 

 
Dei ricordi d’infanzia,
 

 
Sono teneramente malato
 

 
Risonante dei rospi.
 

 
E nella quiete notturna la voce
 

 
Mi son cari i grifi imbrattati dei maiali
 

 
Rugginosa mestizia.
 

 
Anche se copre i suoi salici
 

 
Amo molto la patria!
 

 
Amo la patria,

L’uno all’altro.
 

 
Senza lasciar cadere una briciola
 

 
Lo mordevo insieme uno alla volta,
 

 
Quando, rubato alla mamma un cantuccio di pane,
 

 
Oh, come mi son care quelle birichinate,
 

 
Dove sia la porta e la stalla.
 

 
Senza più riconoscere al fiuto
 

 
Trascinando la coda penzolante,
 

 
Ed erri nel cortile,
 

 
Per la vecchiaia ora sei stridulo e cieco
 

 
Fedele cane pezzato?!
 

 
E tu, mio prediletto,

Dalla finestra mia contro la luna.
 

 
Quest’oggi ho tanta voglia di pisciare
 

 
La falce del tramonto.
 

 
Più non tintinna nell’erba del crepuscolo
 

 
A voi tutti buona notte!
 

 
Buona notte!
 

 
Ho voglia di dirvi una tenera parola.
 

 
Stendendo stuoie dorate di versi,
 

 
Gli occhi fioriscono nel volto.
 

 
Come fiordalisi nelle segale,
 

 
Nel mio cuore non sono mutato.
 

 
Io non sono mutato.

Si effonde in vino di capelli ribelli.
 

 
La mia testa, come un agosto,
 

 
A decantare e celebrare i topi.
 

 
Son venuto come un servo maestro
 

 
Ho forse bisogno del tuo morbido trotto?
 

 
Vecchio, buon Pegaso spossato,
 

 
Che si è agganciato al sedere un fanale!
 

 
Se ho l’aspetto d’un cinico
 

 
Non duole. Ebbene, che importa
 

 
In quest’azzurro perfino morire
 

 
Luce azzurra, luce sì azzurra!

Per il paese verso cui navighiamo."
 

 
Ho voglia d’essere una gialla vela

Sergej Aleksandrovič Esenin

    37
    0