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Compendio sulla natura del sogno in psicoanalisi: la risorsa più preziosa dell'homo sapiens.

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Compendio sul sogno
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“Siamo fatti anche noi della materia di cui sono fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita.” W. Shakespeare

Introduzione

“Siamo fatti anche noi della materia di cui sono fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita.” W. Shakespeare


Ogni notte si sogna, non una, ma tutte le notti: sognando costruiamo un mondo completamente di nostra creazione come un’esperienza viva e reale dove tutto puo’ accadere senza la minima considerazione delle leggi della fisica, del tempo e dello spazio. Eppure la maggior parte delle persone oggi considera i sogni come qualcosa di futile, casuale e senza alcuna importanza solo perchè essi non seguono le leggi logiche della veglia (Freud non a caso paragonava l’analisi dei sogni alla traduzione di una lingua straniera).


Tuttavia questo “linguaggio dimenticato” (Fromm, 1951) dall’uomo contemporaneo era tenuto in grande considerazione dai popoli del passato (le culture onirofile come gli egizi, i greci, gli arabi...), convinti che i sogni recassero un messaggio importante, profetico, di origine divina, se solo avessero trovato la chiave giusta per decifrarli e interpretarli (come accadeva nel celebre tempio di Asclepio). Certe società sciamaniche erano solite addirittura utilizzare sostanze psichedeliche (come il peyotl, la datura o l’ayahuasca) per mezzo delle quali il dio poteva apparire e comunicare al sognatore un messaggio di vitale importanza. Infatti quello dei sogni è forse l’unico linguaggio universale del genere umano, con una grammatica comune a tutte le culture e identica per ogni civiltà della storia. Non a caso il mito, e più tardi la fiaba, fino ad arrivare al prodotto della modernità, il cinema, non sono altro che il riflesso collettivo, il prodotto, di quell’attività interiore che è l’atto di sognare: “il sogno è un mito personale e il mito è il sogno di una civiltà” (Resnik, 1982, p.19)


“I sogni decaddero ulteriormente nel giudizio dell’uomo moderno. Essi vennero considerati delle semplici assurdità, indegne dell’attenzione dell’uomo adulto, assorbito da attività importanti come la costruzione di macchine e che si considerava ‘realista’ semplicemente perchè non vedeva null’altro all’infuori della realtà delle cose che poteva conquistare e manipolare.” E. Fromm (1951, p.12)


L’inconscio infatti possiede una preziosa saggezza da recuperare e i sogni rappresentano la migliore finestra sui cui poter affacciarsi: contrariamente quindi a quanto comunemente si creda, i sogni non sono prodotti immaginari insensati e isolati dalla realtà, ma piuttosto costituiscono un ritratto fedele del mondo interiore del sognatore e di come egli percepisce il mondo reale in cui vive, in cui assolutamente nulla è casuale. Di fatto, riuscire a comprendere i nostri sogni ci permette di essere in contatto con le parti più profonde e autentiche della nostra personalità, assicurare stabilità ed equilibrio emotivo, e soprattutto ci consente di capire quale sia il modo migliore per risolvere i problemi quotidiani attraverso una creatività di cui non disponiamo con la semplice ragione durante la veglia.


“Ciò che ci fa sentire vivi è il contatto con il fluire della psiche inconscia. Per questa ragione i sogni sono così importanti. […] Ogni notte ci viene offerto, per così dire, un sorso d’acqua della vita, e se comprendiamo il sogno ne siamo vivificati. Ci sentiamo a contatto con la nostra profondità psichica, con la nostra vera e propria sostanza vitale e ognuno per conto suo sente che la vita sta fluendo; si sente vivo.” (M. L. von Franz, 1988, p. 131)


Premesse neurofisiologiche e psicodinamiche

“Chiunque può fuggire nel sonno, siamo tutti geni quando sogniamo, il macellaio e il poeta sono uguali là.” E.M. Cioran


Al sogno non si puo’ non associare direttamente quella fase del sonno, tuttora non pienamente compresa, che è la fase REM o sonno paradosso (Aserinsky & Kleitman, 1953). Infatti durante questa fase (solitamente di oltre 3 ore) accadono curiosi processi (Bosinelli, Cicogna, 1991; Fossi, 1994; Hobson, 1994; Peciccia, 2016):


- Compaiono i sogni più intensi, ricchi, vividi e complicati (nonostante possano presentarsi durante tutte le fasi del sonno) come attività automatiche da un punto di vista biologico;


- il cervello crea nuove connessioni tra le sinapsi dei neuroni (producendo quindi nuove vie associative), il sistema colinergico (funzioni preconsce/inconsce) prende il sopravvento su quello aminergico (conscio) nonostante quest’ultimo rimanga comunque sempre operativo, ed entrambi gli emisferi sono intensamente attivi ma in funzioni diverse (quello destro per gli aspetti geometrico-spaziali ed emotivi, quello sinistro per la narrazione del sogno);


- l’attività cerebrale generale raggiunge il suo picco per quanto riguarda l’area corticale, mentre si riduce l’attività dell’amigdala e dell’ippocampo (che controllano l’intensità e la risposta emotiva) e il ruolo dei neurotrasmettitori adrenergici (implicati nello stress e nell’arousal), nonostante siano sempre coinvolte tutte le aree (frontali, parietali e limbiche) per quanto riguarda le funzioni mnemoniche, semantiche, emotive, simboliche necessarie all'organizzazione del sogno;


- la muscolatura volontaria raggiunge la massima inibizione (atonia muscolare) e compare il fenomeno del rapid eye movement. Si è ipotizzato che l’appagamento e la scarica della tensione somatica non potendo trovare accesso alla motilità (a causa della paralisi della muscolatura volontaria), verrebbero sostituiti da allucinazioni visive in cui il sognatore è convinto di stare realmente vivendo l’esperienza onirica (Mancia, 1996);


- Per il 95% della sua durata i genitali sono eccitati sia nell’uomo che nella donna, perfino nei neonati (Fisher C. et al, 1965 [9]);


- inoltre è stato ipotizzato che il fenomeno autoreferenziale descritto dalla psicoanalisi, che vede il sogno come una sorta di teatro privato (Resnik, 1982) in cui i vari personaggi (oggetti interni) sono in relazione tra loro, possa essere prodotto da un’iperattivazione dei neuroni specchio (Olds, 2006 [11]);


- L’attività della fase REM ha un’importanza neurofisiologica tale che in condizioni di privazione del sonno REM si hanno influenze peggiorative sull’umore, sulla memoria, sulle abilità di coping, sulla capacità di affrontare stimoli stressanti, correlate a quantità compensatorie di fantasie a occhi aperti.


Anche gli studi non prettamente di stampo psicoanalitico (Bucci, 1994 [1]; Epstein, 1994; Lichtenberg J.D., Lachmann F. & Fosshage J. 1992 [2], Kandel, 1999 [8]) hanno confermato le vecchie scoperte freudiane sull’esistenza di due tipologie parallele di attività mentale (incluso “l’inconscio cognitivo o procedurale” non verbale e non verbalizzabile che non va incontro a rimozioni o simbolizzazioni), ognuna delle quali con validità e logica distinte nell’elaborazione di stimoli e informazioni. Mentre l’inconscio dinamico puo’ essere descritto banalmente come una sorta di magazzino caotico e stracolmo di ogni tipo di materiale, che il conscio utilizza come un ripostiglio, soprattutto per le cose spiacevoli, dolorose o eccessivamente complesse e conflittuali.

Infatti la psiche è strutturata in modo da ridurre al minimo la sofferenza mentale diretta, cosicchè per far fronte alla complessità dei problemi emotivi, il conscio accantona nel sistema inconscio problemi emotivi (questioni relative a preoccupazioni, bisogni, percezioni...) che, in maniera inconsapevole e difensiva, ha respinto durante la vita diurna.


Il sintomo di fatto funziona con le medesime modalità dei sogni, rappresentando anch’esso un prodotto mascherato che ha preso il posto di un vissuto interiore inconscio, cosicché la persona non debba, a livello cosciente, prenderne consapevolezza. Un fenomeno che rispecchia un insuccesso nel far fronte positivamente ad una problematica interiore, al pari della natura dell’incubo in cui il sogno non “svolge bene il suo compito” e si sperimenta angoscia: il sintomo dimostra che se l’inconscio non viene ascoltato per troppo tempo, intensi conflitti interiori possono trovare nel canale somatico una via d’espressione.


Curioso inoltre come già gli indiani d’America e gli antichi greci (Aristotele in primis) avevano scorto nei sogni anche la possibilità di diagnosticare malattie del sognatore attraverso alcuni segnali onirici in grado di indicare sintomi fisici: d’altronde durante il sonno il sognatore ha modo di notare e sperimentare in modo molto più acuto i mutamenti che avvengono nel proprio corpo, con la possibilità quindi di trovare le prime avvisaglie della presenza di una malattia incipiente.



La prospettiva classica

“I sogni servono come una valvola di sicurezza per il cervello sovraccarico. Essi possiedono un potere terapeutico e ristoratore.” S. Freud


Fu per merito di Freud (1899, 1915, 1933) se i sogni tornarono ad acquisire importanza e significato attraverso un edificio teorico che fosse in grado di sistematizzarne processi e strutture comuni tanto nel “sano” quanto nel “malato”. Per Freud il sogno era “la via regia per l’inconscio”, ossia l’accesso in un mondo irrazionale fatto di energie istintuali che premono per essere liberate costituite da desideri, idee, percezioni, sentimenti e ricordi che sono stati banditi (rimossi) allo stato cosciente. Freud ha ribadito più volte come l’esperienza del sogno sia un fenomeno di per sé specifico, corrispondente ad un aspetto arcaico della psiche (ereditato filogeneticamente), con un sistema grammaticale proprio e con regole linguistiche specifiche facenti parte dell’inconscio (processo primario), diverso dalle modalità di pensare razionale conscio (processo secondario), in quanto esso:


  • lavori prevalentemente per immagini (simboli) con un linguaggio analogico, ossia non verbale, in cui le rappresentazioni di parole vengono trasposte in rappresentazioni di cose: susseguendosi come in una pellicola di un film, le immagini esprimono i rapporti logici tra i suoi vari elementi e possono raffigurare significati anche opposti in grado di convivere sotto la medesima rappresentazione;

  • sia veicolato prevalentemente da emozioni (gli affetti) che, subendo trasformazioni minori rispetto al resto del materiale onirico, rappresentano la via più attendibile per la comprensione dei significati del sogno;

  • disponga di un’intera gamma di ricordi totalmente “assenti” durante lo stato vigile (ipermnesia) in cui la realtà psichica perde ogni dimensione temporale e spaziale: in altre parole, la memoria che il sogno recupera non è solo quella storica e fattuale, ma soprattutto quella affettiva, costituendo quindi un ponte tra passato e presente;


Secondo Freud (1933) nel sogno la spinta dell’inconscio, non potendo trovare gratificazione all’esterno attraverso la motilità (fase REM), prende una direzione regressiva verso la percezione attraverso un “innocua esperienza allucinatoria”. Tuttavia anche nel sonno il cervello è tutt’altro che inattivo: da una parte i processi inconsci (rimossi) premono per manifestarsi, dall’altra essi, per non generare affetti spiacevoli (angoscia), vengono camuffati per potersi esprimere senza che il sognatore se ne possa accorgere e quindi svegliarsi. Al pari di quelle dell’inconscio, le forze rimuoventi continuano quindi ad operare durante il sonno, anche se in modo più ridotto.


In tal senso il sogno svolge una doppia funzione: da una parte permette alla persona di dormire ritirando ogni investimento dal mondo esterno (narcisismo dell’Io) e dall’altra allenta le briglie ai contenuti inconsci che non obbediscono al desiderio di dormire, riuscendo così a passare di “contrabbando”. Cosa che puo’ accadere solamente mediante un compromesso: l’inconscio viene messo in scena ma in maniera camuffata e deformata per garantire al sognatore di continuare a dormire senza venire svegliato dal contenuto disturbante. Questo processo di camuffamento e distorsione è detto lavoro onirico, ed è finalizzato a trasformare i contenuti inaccettabili per l’Io, rendendoli apparentemente “innocui”. Esso opera attraverso peculiari meccanismi (Nagera, 1969):


  • Spostamento: gli affetti legati ad una rappresentazione sono separati e spostati su un altro contenuto irrilevante, lontano dal precedente (rendendo introvabile la fonte originaria dell’emozione annessa). In altre parole, uno stimolo emotivamente disturbante viene allontanano dalla fonte originaria per essere elaborato in qualche altro contesto che ha degli aspetti in comune, ma che genera molta meno angoscia (oppure i contenuti centrali del sogno vengono spostati su qualche particolare o dettaglio apparentemente insignificante). Ad es. il sognatore che di giorno ha avuto una discussione dolorosa con la propria moglie, nel sogno si infuria intensamente per un futile motivo con qualcun altro che le assomiglia.

  • Condensazione: è il processo inverso dello spostamento, ossia investimenti che appartenevano a rappresentazioni diverse vengono unificati in una sola rappresentazione aumentandone l’efficacia e l’intensità. La condensazione viene agevolata dalla somiglianza e dalla comunanza di rappresentazioni distinte, formando un compromesso di elementi somiglianti, ossia una rappresentazione ibrida (motivo per cui un sogno può essere analizzato attraverso molti livelli di lettura diversi). Ad es. un personaggio maschile autoritario che susciti timore nel sogno, puo’ essere rappresentato con le fattezze del padre del sognatore, somigliare ad un vecchio professore molto severo, e avere anche caratteristiche fisiche del proprio datore di lavoro; poco importa se le persone sono diverse, l’esperienza interiore è la medesima.

  • Rappresentazione indiretta: al pari della creazione del motto di spirito (Freud, 1905 [7]) il sogno può esprimersi attraverso i vari giochi linguistici del processo primario, ossia “il possesso di un attributo comune, con l’uso di una parte per il tutto, per opposizione, per connessione verbale, […] mediante il contrario, o rovesciamento…” (Segal, 1991, p. 10).

  • Simbolizzazione:che siano convenzionali/culturali, personali o universali (Gutheil 1951), i simboli sono un modo tipico d’esprimersi dell’inconscio per rappresentare contenuti ai quali altrimenti non sarebbe consentito l’accesso alla coscienza. Essi sono in grado di arricchire esponenzialmente i significati e le sfumature di una rappresentazione e allo stesso tempo svolgono egregiamente l’obiettivo di mascheramento. Essi però “sono spesso plurisignificanti e ambigui, di modo che, come nella scrittura cinese, soltanto il contesto ci consente di volta in volta l’interpretazione esatta.” (Freud, 1899, p. 325). Ad es. rappresentare qualcuno come un leone potrebbe indicare sia l’ammirazione della bellezza e della maestosità di quella persona, ma anche esprimere il terrore dinanzi alla sua ferocia e potenza (col rischio di venirne divorati).

Assieme al lavoro onirico è pur presente anche la censura onirica (del Super-Io, quindi degli aspetti morali) che, tutt’altro che addormentata, produce smorzamenti, approssimazioni, allusioni, dimenticanze soprattutto inerenti a tutti quei contenuti “biasimabili” sotto il profilo etico, estetico o sociale. A ciò si aggiunge l’elaborazione secondaria, ossia un processo automatico che cerca di interpolare, colmare vuoti, appianare incoerenze e contraddizioni sul piano logico nel momento in cui il sognatore al risveglio ricorda il sogno e cerca di fornirne una facciata sensata (il contenuto manifesto). Questo è il risultato del lavoro onirico che, cooperando con la censura, produce il sogno così come appare, cioè strano, incomprensibile, bizzarro, assurdo: una sorta di rebus atto a celare gli autentici significati del sogno (contenuto latente). Ecco perché solo attraverso le libere associazioni del sognatore e la collocazione dei contenuti nella situazione-stimolo della vita diurna è possibile arrivare a capire i possibili significati profondi del sogno che, nel caso ci si fosse affidati al solo contenuto manifesto, sarebbero potuti diventare infiniti e relativi.


Affinchè il contenuto inconscio possa esprimersi, il sogno utilizza processi di pensiero investiti emotivamente che hanno avuto luogo durante il giorno (residui diurni) e che rappresentano i mattoni del sogno: essi possono contenere “desideri o paure che non sono state eliminate, oppure intenzioni, riflessioni, ammonimenti, tentativi di adattamento al compito in corso” (Freud, 1899), che, nella mente del sognatore, sono connessi in un qualche modo al contenuto del sogno. Tuttavia il più delle volte nel sogno non compaiono in modo chiaro e diretto le esperienze che sono state significative durante il giorno, bensì elementi recenti banali, indifferenti, poco degni di nota, legati però associativamente con le vicende originarie: questi dettagli servono all’inconscio per spostare i propri investimenti originari al fine di sfuggire alla censura


Secondo Freud, affinchè possa generarsi il sogno deve comunque essere presente un desiderio, quasi sempre legato a conflitti infantili (rimossi) ancora attivi nell’inconscio, ossia il vero motore primario del sogno. Freud suddivideva i sogni in tre tipi:


  • Quelli che esprimono un appagamento diretto di un desiderio non mascherato (sogni di comodo o di convenzienza) come quelli dei bambini, o quelli derivanti da bisogni fisiologici o da fonti esterne durante il sonno, suscitati ad esempio da fonti somatiche (fame, sete, dolore, stimoli uditivi...);

  • quelli che riguardano il materiale inconscio e preconscio, ossia quelli mascherati dal lavoro onirico su cui si incentra la maggior parte dell’opera freudiana;

  • quelli di punizione: il desiderio inconscio che non è stato sufficientemente mascherato per sfuggire alla censura porta al sognatore il desiderio di espiare tramite punizione (soddisfazione del Super-Io). Quando invece il contenuto inconscio è troppo intenso, sfugge alla censura o si palesa per com’è senza deformazione, allora il sognatore manifesta la tipica angoscia sperimentata nell’incubo (sogno d’angoscia): se il lavoro onirico e la censura non riescono a trattare in maniera efficace i contenuti inconsci, allora il sonno viene perturbato e il sognatore si sveglia. Quando l’angoscia della vita onirica diventa troppo intensa e ricorrente, allora puo’ sopraggiungere l’insonnia: si rinuncia al sonno preferendo la veglia per il timore del fallimento della funzione del sogno.


Fanno eccezione i sogni nei quali il sognatore rivive ciclicamente delle esperienze fortemente traumatiche (nevrosi traumatiche) in cui non è possibile rintracciare alcun desiderio latente se non quello di rievocare l’evento traumatico al fine di elaborarne gli affetti penosi provati, spesso attraverso la trasformazione delle tracce mnestiche dell’evento traumatico in appagamenti di desiderio che possano portare ad una sorta di “lieto fine”.



La prospettiva relazionale e contemporanea

“Un sogno è un microscopio attraverso il quale osserviamo gli avvenimenti nascosti nella nostra anima.” E. Fromm


Fu C.G. Jung (1915 [3]; 1935) a sottolineare in particolare modo come il sogno non si limiti a mettere in scena desideri del passato, ma come esso riveli anche importanti orientamenti verso il futuro, mostrando scopi e vie da seguire (“il sogno premonitore”, mentre Freud avrebbe parlato di prognosi, mai di predizione): questo perchè secondo Jung l’inconscio, essendo dotato di un’intelligenza di gran lunga superiore alle capacità introspettive e logiche coscienti, attraverso l’infinita creatività del mondo onirico, permette all’essere umano di aprirsi a tutto il suo potenziale esistenziale latente. Secondo M. von Franz (1988) infatti i sogni: “ci mostrano dove sbagliamo, dove siamo inadeguati, ci avvertono di un pericolo, predicono eventi futuri, colgono il senso profondo della nostra vita, ci portano intuizioni illuminanti. […] I sogni non sono in grado di preservarci dalle vicissitudini esistenziali, dalle malattie e dagli eventi tristi. Ci offrono, invece, una linea di condotta sul come rapportarci a questi eventi, sul come dare senso alla nostra esistenza, sul come realizzare il nostro destino, sul come seguire la nostra stella: in definitiva, sul come realizzare dentro di noi il massimo potenziale di vita.” (p. 18 – 19)


Anche E. Fromm (1951) ha allargato la concezione freudiana del ruolo del sogno, intendendolo come espressione di qualunque componente psichica, non solamente come una ciclica realizzazione di desiderio. Secondo Fromm il sogno rappresenta infatti una lastra dei problemi che affliggono il sognatore, e in particolare la rappresentazione di una reazione ad un episodio significativo ed emotivamente scottante (il residuo diurno) accaduto il giorno precedente. Inoltre secondo Fromm il sogno, avendo un carattere muldimensionale, può essere analizzato su molti livelli differenti, anche se esso, con il suo linguaggio particolare, pone sempre il sognatore di fronte a quelle problematiche esistenziali e a quei conflitti da cui egli, protetto di giorno dalla sua razionalità difensiva, vuole scappare.


Autori successivi (Ferenczi, 1931; Fairbairn, 1944 [4]; Bonime, 1962; French & Fromm, 1964; Garma 1966; Kohut 1977 [5]; Resnik, 1982) hanno tutti sottolineato come il sogno rappresenti un tentativo di trovare soluzioni fantasticate a problemi quotidiani di natura affettiva o pratica: sperimentando percezioni e condotte per creare nuovi scenari relazionali per quanto riguarda i rapporti dell’Io con l’ambiente o cercando di ripristinare uno stato del Sè coeso e positivo una volta in cui viene minacciato di frammentazione. In generale questi autori hanno sottolineato la funzione traumatolitica, rigenerativa, equilibratrice, compensatoria del sogno dove i residui del giorno vengono trattati come sintomi di un “trauma” a cui la mente cerca di trovare rimedio attraverso una drammatizzazione (Resnik, 1982) dei vari “attori” psichici durante la scena onirica.


Langs (1988) ha suggerito che il sistema conscio avrebbe il compito di occuparsi prevalentemente dei problemi pragmatici del vivere quotidiano e delle questioni legate alla sopravvivenza della persona (mondo esterno), mentre il sistema inconscio profondo avrebbe il ruolo di farsi carico dei problemi emotivi (mondo interno), dato che i contenuti e le emozioni troppo angoscianti disturberebbero i processi logici di pensiero immediati che richiede la vita diurna. In tal senso quindi il sogno esprimerebbe tanto il mondo irrazionale del sognatore quanto uno strumento “razionale” al proprio adattamento ambientale, permettendogli di acquisire preziose intuizioni difficilmente accessibili durante la veglia.


Per quanto concerne la corrente bioniana e neobioniana, secondo D. Meltzer (1984) il sogno permette di vivere un’“esperienza estetica” del mondo, all’interno di uno “spazio di vita” in cui si costruisce una significazione affettiva e simbolica fondamentale dell’esperienza umana, proprio grazie a quel linguaggio distintivo che assomiglia tanto alla grammatica della poesia (Sharpe, 1937) o al gioco (Klein, 1950 [13]). Il sogno non sarebbe altro che quel momento della vita psichica in cui è possibile osservare meglio l’inconscio nel processo di metabolizzazione di desideri, impulsi, conflitti che pervadono inconsapevolmente la vita diurna (Segal, 1991).

T. Ogden (2005), vede nel sogno lo spazio vitale in grado di demarcare e differenziare la vita conscia da quella inconscia: è la capacità di sognare a garantire la salute mentale, cioè solo nel momento in cui le esperienze emotive diventano disponibili per il lavoro creativo all’interno del sogno (ed essere così “pensate” attraverso i simboli, ossia tradotte dalle funzioni alfa). Il sogno quindi è uno spazio dedicato in cui i contenuti onirici non intaccano anche la vita diurna e dove la persona puo’ entrare nella propria vita con capacità immaginative e simboliche, che solo un Io non troppo danneggiato è in grado di compiere, come nel caso degli stati psicotici nei quali la funzione della simbolizzazione è compromessa (già Kant, citato da Freud [1899] scriveva che “il pazzo è un sognatore da sveglio”).


Gli autori contemporanei (Lichtenberg J., Lachmann F., Fosshage J., 1992 [2]; Mancia, 1996; Lopez, 1999) confermano quanto detto ribadendo la funzione progressiva, adattiva e di problem-solving del sogno: attraverso l’organizzazione e la riparazione di processi psichici il sognatore rivive un avvenimento significativo della giornata per rielaborarlo meglio, soprattutto per quanto concerne la sua regolazione affettiva e relazionale. Tuttavia secondo questi autori le immagini e i simboli del sogno non verrebbero utilizzate allo scopo di camuffare (e quindi per nascondere) qualcosa di segreto, ma semplicemente perchè essi possiedono maggior efficacia evocativa, immaginifica e metaforica per il sognatore, facilitato così nella sua rappresentazione onirica (dunque il contenuto manifesto avrebbe valore in sé, a prescindere dal contenuto latente).


“E’ necessario prendere atto di come il fuggire dai sogni significhi fuggire da quelle che sono le esperienze emotive fondamentali della nostra vita” R. Langs (1988, p.115)



La prospettiva evoluzionista ed etnopsicoanalitica

“Se sognare un po’ è pericoloso, il rimedio non è sognare di meno ma sognare di più, sognare tutto il tempo.” M. Proust


In accordo con l’ipotesi di Freud che pensava all’inconscio come ereditato filogeneticamente, arcaico, non acquisito successivamente dall’esperienza, Peciccia (2016) ipotizza l’esistenza di un collegamento diretto tra processo onirico e la gametogenesi che avviene durante la meiosi a livello biologico. L’autore evidenzia infatti come in entrambi i fenomeni avverrebbero i medesimi processi e le stesse finalità: attraverso spostamento, condensazione e - l’autore aggiunge - duplicazione da parte dei cromosomi, l’individuo è in grado di produrre allo stesso tempo conservazione (trasmissione di ogni metà del genitore) e novità, varietà (tramite il crossing-over).

Alcuni autori (Benedetti & Peciccia, 1995; Blechner, 2001 [14]) hanno suggerito infatti come possa essere stato il sogno a rappresentare il principale fattore dell’evoluzione dell’homo sapiens secondo una duplice funzione: da una parte aiutandolo ad adattarsi all’ambiente, dall’altra conservandone storia e memoria. Infatti ad una prima riflessione, il fatto che l’individuo viva una totale paralisi motoria durante il sonno (esponendolo quindi come facile vittima ai predatori), suggerisce che i vantaggi in termini evolutivi dello sviluppo della fase REM (e quindi del sogno) debbano essere consistenti.


T. Nathan (2011) enfatizza, a tratti in modo anche radicale, le qualità predittive del sogno nell’uomo come in tutti i mammiferi dotati di vita onirica (in misura minore anche in alcuni tipi di uccelli), intendendolo come una prefigurazione dell’avvenire. L’esempio più eclatante sarebbe l’incubo, considerato come l’anticipazione di un’aggressione o di pericolo imminente proveniente dal mondo esterno, che, per il suo carattere d’urgenza, “perseguita” il sognatore finchè non riuscirà a coglierne il significato. In tal senso Nathan intende il sogno come una prescrizione, un fenomeno che diventa immediatamente azione futura grazie alla sua interpretazione, “un debito emesso nei confronti della realtà che bisogna onorare al più presto” (2011, p. 92). Inoltre, seguendo il pensiero di M. Jouvet [7], secondo l’autore il sogno permetterebbe all’uomo di ristabilire ogni notte la propria unicità dal punto di vista genetico, riprogrammando i circuiti sinaptici responsabili della sua identità psicologica.


Dunque, grazie al sogno, presente, passato e futuro diventano strettamente interconnessi: il sogno servirebbe sia a riprodurre internamente il mondo esterno per permettere alla persona di rispondere cognitivamente, affettivamente, socialmente in modo veloce e adattivo, sia a trovare nuove soluzioni a conflitti infantili della propria memoria ontogenetica (permettendo quindi un migliore adattamento nel presente). E come? Ogni notte il sognatore, sviluppando una sorta di film (come la sequenza di fotogrammi della pellicola cinematografica), riproduce la percezione della realtà esterna e simula “virtualmente” soluzioni e risposte funzionali a problematiche o mutamenti sociali. E così, grazie a questi processi, l’homo sapiens, nell’arco di poche ore di una notte, sarebbe stato in grado di sperimentare e anticipare diversi possibili scenari per far fronte a trasformazioni ambientali e sociali.


Ecco perché, a dispetto di quanto si pensi, nella vita onirica si diventa più saggi, intelligenti e arguti rispetto a quella diurna: esempi di come in sogno si riescano a risolvere in maniera creativa problemi di natura intellettuale o di ordine pratico, senza però alcuna soluzione in stato di veglia, si trovano nella scoperta della struttura molecolare della benzina di Kekulè nel ‘800 (sognandosi un serpente che si mordeva la coda), nella composizione del celebre Trillo del Diavolo di Tartini (suonata in sogno da un folletto alla testata del letto), nella scoperta di una formula matematica di Newman, nella rappresentazione della tavola periodica degli elementi di Mendeleev, nell’invenzione della macchina da cucire di Elias Howe, nella composizione di Yesterday di Paul McCartney... la stessa psicoanalisi in fondo non è altro che il parto creativo generato dal genio di Freud che, immergendosi nel “mondo infero” dell’inconscio (Hillman, 1979) attraverso l’analisi dei propri sogni, stava cercando di far fronte al lutto della morte del padre e ai suoi nuclei nevrotici e depressivi (Anzieu, 1975 [12]).



Conclusioni

“I sogni sono una protezione contro l’uniforme monotonia della vita; essi rendono l’immaginazione libera dalle sue catene in modo tale che essa possa gettare in confusione tutti i quadri dell’esistenza quotidiana e penetrare nell’incessante pesantezza di uomini maturi con l’allegro gioco di un bambino.” Novalis


Il sogno dunque rappresenta un dramma interiore stratificato in cui il sognatore mette in scena desideri e conflitti interiori (anche lontani nel tempo) che si intrecciano inestricabilmente con modi di vedere e di vivere situazioni nella realtà, non limitandosi a riprodurre e rispecchiare, ma creando continuamente, seppure “a tentoni”, anche 4-5 volte la stessa notte per il medesimo problema. Gli stessi sogni sono in grado di rispecchiare i diversi cambiamenti psichici che avvengono nel tempo durante particolare processi di crescita e di cambiamento (come avviene durante la psicoterapia psicoanalitica): ne sono un esempio i “sogni che voltano pagina” (Quinodoz, 2001), ossia i sogni che appaiono dopo un cambiamento significativo (e non prima), come a “leggere un messaggio su una pagina che ci svelasse la chiave di un enigma, e dopo averla letta la potessimo voltare per andare oltre”. (p. 9)


Il paradosso umano però è che per prendere coscienza delle verità più importanti su sé stessi è necessario accogliere proprio ciò che la mente accantona e rimuove naturalmente: il sogno è così incomprensibile proprio perchè ci porta lungo sentieri il più delle volte spiacevoli e dolorosi. D’altronde l’uomo si trova a vivere perennemente il conflitto tra il desiderio di sapere e di approdare a scoperte e soluzioni significative di crescita da un lato, e l’esigenza di fuga e di regressione dall’altro (motivo per cui spesso il sognatore non riesce a ricordarsi i sogni al mattino). Razionalmente il sognatore sa di essere l’artefice e l’unico traduttore del sogno, ma non puo’ fare a meno di percepirlo come qualcosa di estraneo a sè. Ma proprio perchè “il sogno non si occupa mai di cose che non siano degne del nostro interesse anche di giorno e le minuzie, che non ci toccano di giorno, non riescono neppure a perseguitarci nel sonno” (Freud, 1899, p. 25), esso continua a rimanere il miglior strumento a disposizione per permetterci di valorizzare ed arricchire la nostra stessa esistenza. E l’esperienza psicoanalitica, con l’aiuto vitale del mondo onirico, consiste proprio nell’educare gradualmente la persona ad ascoltare la voce interiore dell’inconscio affinchè possa seguirla ed integrarla nella vita di tutti i giorni.


“I sogni dunque, ci aiutano a curare le ferite del passato, ma al tempo stesso sono capaci di guardare al futuro e di indicarci le direzioni lungo le quali incamminarci per diventare il meglio di noi stessi. Possiamo soltanto rimanere meravigliati di fronte alla genialità del sistema inconscio profondo che alimenta l’attività onirica. Soltanto alcuni di noi, nel migliore dei casi, sono dei geni nella vita di tutti i giorni. Tutti quanti, però, abbiamo un genio dentro di noi, uno straordinario sistema inconscio profondo che nel corso di millenni di evoluzione ha sviluppato enormi e sorprendenti capacità.” (R. Langs, 1988, p.271)



Bibliografia

Benedetti G., Peciccia M. (1995), Sogno, inconscio, psicosi. Metis, Chieti, 1995.

Bonime W. (1962), Uso clinico dei sogni, Boringhieri, Torino, 1975.

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