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La rivoluzione psicoanalitica di nome Erich Fromm

“(...) presupponendo che l’uomo abbia da mangiare e da bere a sufficienza, dorma quanto basta e si senta al sicuro (e abbia un normale soddisfacimento sessuale, direbbe Freud), che non subisca provazioni e la sua vita non presenti particolari problemi, è proprio allora, secondo me, che comincia il vero problema per l’uomo.” da I cosiddetti sani, E.Fromm


Sottovalutato come teorico, etichettato come divulgatore superficiale e inesatto dalla psicoanalisi ortodossa, bandito dagli istituti freudiani per via delle sue feroci critiche contro il settarismo e il dogmatismo autoritario di tali ambienti, Erich Fromm ha lasciato in eredità innovazioni, intuizioni e idee che continuano ad essere oggi più che mai attuali e rivoluzionarie. Non solo ha saputo utilizzare il carattere e gli strumenti della psicoanalisi per indagare la società nei suoi vari aspetti, integrandone discipline diverse come la sociologia e l’antropologia, ma, mettendola direttamente “sul lettino”, ha fatto della psicoanalisi stessa, fossilizzata nella ripetizione cieca degli insegnamenti di Freud, l’oggetto della sua critica.

Cò che rende unica e originale la teorizzazione frommiana è l’avere arricchito – e non sostituito - una disciplina diventata col tempo sempre più determinista, chiusa e convenzionale, con il respiro profondamente umanistico della filosofia esistenziale. Fromm ha infatti toccato temi ancora poco esplorati nella storia della psicoanalisi, come la ricerca di una natura umana universalmente valida, sottolineando più volte come la costante ricerca di un senso forte al problema dell’esistenza abbia un’importanza esattamente pari agli altri bisogni fondamentali dell’uomo. Secondo la prospettiva frommiana, l’uomo é di fatto un essere fortemente “religioso”, ossia bisognoso di un sistema di orientamento valoriale e di un oggetto di devozione in cui investire le proprie energie vitali, che si arrovella da sempre attorno al medesimo problema esistenziale che lo tormenta da secoli: la ricerca di senso.


Fromm inoltre ha saputo estendere l’analisi dell’uomo al contesto sociale in cui vive, considerandone la salute psichica strettamente condizionata da fattori sociali a loro volta in grado di determinarne qualità e problematiche (e quindi anche patologie). E dunque, se l’uomo vive in condizioni sociali avverse o contrarie alla propria natura, in grado di impedire il soddisfacimento dei requisiti essenziali per il proprio sviluppo, è destinato ad ammalarsi. In tale prospettiva, il disagio psichico, e in massimo grado la malattia mentale, non rappresentano solo derivati di traumi subiti o di ambienti patologici, ma divengono anche il risultato di un deperimento dei valori esistenziali necessari per la realizzazione dell’uomo.


Si puo’ affermare in definitiva che l’intera opera frommiana sia un appello costante alla speranza, alla vita, all’Essere, che richiama incessantemente l’uomo – e quindi, la società – a quell’esperienza autentica di vitalità e creatività propria di un’identità specificatamente umana, che, oggi più che mai, rischia di andare irrimediabilmente smarrita.


"Credo che la cosa più importante sia il coraggio di essere se stessi, il coraggio di dire che per l'uomo non c'è più nulla di importante che l'uomo stesso e che lo scopo più grande della sua azione è la sua stessa sopravvivenza non solo biologica ma spirituale perché ciò non può essere diviso. Se l'uomo non ha più speranza, allora non ha più possibilità di vivere". da Personalità, libertà, amore, di E.Fromm

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