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Schizoidia: la “patologia” dell’Arte.



“Lo schizoide è un outsider, uno spettatore, un osservatore esterno della condizione umana.” N.McWilliams, La diagnosi psicoanalitica.


Nel mondo clinico, il più delle volte si tende a patologizzare eccessivamente la personalità schizoide (soprattutto a seguito della comparsa del DSM-III), intendendola erroneamente come sinonimo di grave primitività evolutiva, o di personalità fortemente a rischio di rottura psicotica. Vero è che nella sua forma estrema più disturbata, il tratto schizoide è compreso anche nella personalità psicotica, tuttavia, come per ogni tipologia diagnostica, puo’ collocarsi lungo una vasta gamma di livelli, dal paziente ospedalizzato (a basso funzionamento), alle personalità dello spettro autistico (sindrome di Asperger), al genio creativo (ad alto funzionamento).


Infatti ciò che caratterizza sostanzialmente il tratto schizoide è il ritiro nella fantasia, nel mondo interiore dell’immaginazione (similmente al concetto junghiano di introversione): le persone con questo tipo di carattere spesso sono estremamente coinvolte e capaci in attività filosofiche, artistiche, scientifiche e spirituali. La creatività è il tratto distintivo dello schizoide più sano che ha saputo sublimare l’alienazione e il ritiro sociale in attività stimolanti e adattive, che siano opere d’arte, scoperte scientifiche, innovazioni teoriche, percorsi spirituali. In questo caso l’atto creativo non possiede fini esibizionistici per corroborare la propria autostima come nel narcisista, nè scopi manipolativi per qualche forma di potere come accade nello psicopatico, ma serve allo schizoide esclusivamente per garantire il proprio senso di unicità, originalità e profonda autenticità; conferme che possono provenire solo internamente (attraverso una feroce autocritica) e non esternamente.


Si pensa che grandi personalità come M. Graham, A. Einstein, I. Newton, Michelangelo, C. Darwin, J. Joyce, Spinoza, L. Wittgenstein possedessero forti tratti schizoidi.


L’individuo schizoide è ipersensibile agli stimoli ambientali, ed estremamente ricettivo alla soggettività degli altri. Tuttavia, per il contatto immediato alle percezioni, emozioni ed intuizioni, lo schizoide viene spesso considerato dagli altri poco empatico, distaccato, non convenzionale, eccentrico, in quanto, dato il suo scarso coinvolgimento in problematiche di vergogna, colpa o giudizio, puo’ apparire come eccessivamente spontaneo, sprezzante, sarcastico, immediato, incapace di mediazioni nelle relazioni sociali. Uno dei suoi aspetti più evidenti infatti è la mancanza di considerazione per le convenzioni sociali: egli fatica enormemente ad adattarsi ad atteggiamenti conformistici e formali, che vede come artificiali e che vive con imbarazzo e difficoltà, così poco attento alle valutazioni su di lui che provengono dall’ambiente esterno.


Contrariamente alle personalità dello spettro autistico, queste persone temono di essere sopraffatte dagli affetti, piuttosto che esserne privi: secondo Fairbairn sembrano voler evitare i danni e le minacce alla propria individualità provenienti dal rischio di essere ingoiati, assorbiti, distorti dagli altri. Motivo per cui la persona schizoide vive una profonda ambivalenza riguardo ai contatti umani: desidera intensamente l’intimità con l’altro, ma sente costantemente la minaccia di venirne fagocitato (problematiche orali); si difende attraverso la ricerca della giusta distanza per sentirsi separato (atteggiamento filobate), ma finisce poi per soffrire della propria solitudine alienante. Il dilemma dello schizoide è perfettamente descritta dalla parabola di Schopenhauer: durante le fredde notti d’inverno, i porcospini si avvicinano l’un l’altro per cercare calore, ma, pungendosi inevitabilmente, finiscono per allontanarsi per il dolore, continuando a sentire freddo. Eppure, nonostante tutto, l’abbandono, la solitudine, sono quasi sempre preferite all’inglobamento: lo schizoide si tiene sempre a debita distanza dal resto dell’umanità, perseguendo ossessivamente una ricerca d’autenticità che inevitabilmente porta con sè demoralizzazione, isolamento e sofferenza.


D’altronde, come dimostrano i grandi geni dell’arte e i pensatori del passato, è necessario essere completamente fuori dalle convenzioni, per poterle trasformarle radicalmente.


“Un bravo artista è destinato ad essere infelice nella vita: ogni volta che ha fame e apre il suo sacco, vi trova dentro solo perle.” Hermann Hesse


“Le opere, come nei pozzi artesiani, salgono tanto più alte quanto più a fondo la sofferenza ha scavato il cuore.” Marcel Proust


“Le opere d’arte sono sempre il frutto dell’essere stati in pericolo, dell’essersi spinti, in un’esperienza, fino al limite estremo oltre il quale nessuno può andare.” Rainer Maria Rilke

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