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Breve commento a Captain Fantastic (M.Ross)



Da poco mi è capitato di vedere "Captain Fantastic" del neoregista M. Ross, uscito di recente nelle sale cinematografiche ottenendo diversi riconoscimenti dalla critica. Di nuovo dalla pellicola riecheggia un tema non originale, ma sempre tanto seducente quanto pericoloso: l'utopia di una società diversa, alternativa, radicale, apparentemente autosufficiente, che volge le spalle alle dinamiche consumistiche, capitalistiche e tecnologiche, per ritornare alla vita selvaggia e "incontaminata" nella natura in stile Thoreau, con un sistema etico ed educativo molto simile a quello della Repubblica di Platone, per l'appunto.


Il film si puo' definire il diretto erede del memorabile "Mosquito Coast" (1986) del grande P. Weir, anch'esso orientato a scuotere fin dalle fondamenta, - in un primo momento -, l'intera validità del sistema occidentale contemporaneo. Il film è la rappresentazione di ciò che ognuno di noi ha pensato almeno una volta nella propria vita: il rifiuto della civiltà consumistica per fuggire in un luogo lontano e "puro" in cui vivere diversamente e - probabilmente - in modo ecologista.E come non ricordare allora anche "Balla coi lupi" (1990) di K.Costner, e "Into the wild - Nelle terre selvagge" (2007) diretto da S.Penn, e il loro tentativo di sottolineare la necessità di ricongiungere l'uomo "civilizzato" con la natura, in quello che Jung definirebbe come il richiamo impellente ad un Archetipo a cui l'uomo contemporaneo si è sempre più allontanato. Ma oramai l'uomo civilizzato rimane tale e ben presto si rende conto che la Natura è imprevedibile e indomabile, e non è più in grado di vivere nell'utopistico sogno di una microsocietà isolata e autosufficiente, sorretta da un'ideologia senza compromessi e "reattiva" rispetto a quella attuale.


Sono comunque questi, temi che fanno riflettere parecchio, esprimendo molto bene l'assurdità e l'insostenibilità del mondo in cui viviamo. Tuttavia gli stessi registi non finiscono mai per elogiare o proporre soluzioni radicali e opposte, gremite anch'esse di contraddizioni, falle e ipocrisie. Sembrano anzi suggerire che l'unica cosa da fare è divenire consapevoli, cercare la propria strada e farsi promotori attivi di cambiamento all'interno della società stessa.



Concetti sottolineati molto bene da E. Fromm nei suoi scritti: il bisogno dell'uomo di autodeterminarsi ed esprimere se stesso e le proprie capacità, la ricerca di autenticità, la "patologia della normalità" come derivato di un determinato contesto socioculturale, il rischio dell'assenza di significato verso una "vita fittizia", gli effetti dell'alienazione in ogni aspetto dell'esistenza... il messaggio che ci comunica è quello di riscoprire un umanesimo che colloca l'uomo in una dimensione vitale e attiva, trasformandoci in elementi di cambiamento del sistema sociale stesso.




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