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Il "noir" e l'intima connessione con l'Esistenzialismo e la Psicoanalisi.

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Il noir
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Il terzo uomo (1949), di C. Reed

"Vi affascina il lato più oscuro della mente umana? Siete del parere che, almeno in astratto, siamo tutti assassini? Vi interessano le pulsioni più segrete che stanno dietro ad un fatto di sangue? Se rispondete positivamente, siete pronti per il noir." (Grimaldi, 1996, p. 15)

Sfuggendo a definizioni esatte e non rientrando in modo canonico in un genere a sè stante, si può descrivere il noir più come uno stile, un tono generale che caratterizza il mondo del cinema e della letteratura - e del fumetto (basti pensare all'enorme successo di Diabolik, Dylan Dog o The Spirit) -, dato che attorno al noir si muovono vari generi come il thriller, il crime, il poliziesco, la spy-story (il termine "film noir" venne adoperato retrospettivamente per la prima volta nel '46 dal francese Nino Frank).

Pertanto, se è vero che ascendenze noir si perdono nella storia del folkore (e addirittura nella Bibbia!), si possono rintracciare sicuramente già forti tracce noir in G. Leroux (Il fantasma dell'Opera del 1910), in E.A. Poe (con I delitti della Rue Morgue del 1841), o addirittura negli inglesi penny dreadful (fascicoli periodici, storie brevi a carattere per lo più pulp o gothic dedicati alla fruizione degli operai durante le pause di lavoro). Tuttavia il racconto noir verrà impresso nella memoria collettiva principalmente sotto la bandiera a stelle e strisce (C.J. Daly, D. Hammett, R. Chandler, M. Spillaine, M. Cain, H. McCoy, C. Woolrich, D. Goodies... ma anche il premio nobel W. Faulkner se si pensi al suo scandaloso Santuario del '31), soprattutto grazie alla diffusione del genere hard-boiled che ha popolato i famosi periodici Black Mask nei ruggenti anni Venti.


Il noir sembra però caratterizzarsi per certe tematiche tipiche che di fatto hanno sempre a che fare col "perturbante" (Freud, 1919), ossia con gli aspetti più oscuri e disturbanti con cui solitamente non si vuole avere a che fare: i temi privilegiati sono infatti le passioni violente, i lati perversi del sesso, la follia, l'inquietudine esistenziale, la disperazione urbana, l'orrore che si può celare dietro la normale apparenza delle cose.... ossia in un'espressione, i fantasmi irrazionali e conturbanti che abitano l'inconscio umano.

Il "nero" d'altronde è da sempre considerato il colore della malinconia (per approfondimenti...), del lutto e della morte, "il colore dell'assenza, quando nel buio della notte e del sonno si perde il contatto con se stessi e con le persone care" (S. Argentieri, in AA.VV, 1989, p. 29); ma anche la sintesi e allo stesso tempo la negazione di tutti i colori (ibid.). Il noir quindi ha sempre a che fare col malessere, ritratto come "uno stato di incertezza, di perdita dell'equilibrio, di attrazione verso il vuoto in cui spesso si cela la paura di guardare se stessi, come attraverso uno specchio deformante, eppure credibile." (G. Gosetti, in AA.VV, 1989, p. 107)


"Il 'nero', come capitolo ristretto, particolare, inquietante del più vasto e sfumato mondo del giallo, non è consolatorio, non è divertente, non è rilassante. Sembra una cosa vera. Una volta chiuso il libro e riaccese le luci in sala, non ci manda a letto tranquilli. Ci manda a letto con gli incubi su una fantasia che assomiglia molto alla realtà, e che per questo continua a funzionare, nei decenni fedele." (I. Bignardi, in AA.VV, 1989)


Panico (1946), di J. Duvivier

E dato che il noir è, per definizione, "politicamente scorretto", sovversivo rispetto all'ordine costituito e provocatoriamente "scomodo" per l'uomo medio dell'American way of life, non di rado esso è stato un bersaglio particolare per la censura, portando parecchi guai ai suoi autori. E non a caso, dato che questi provenivano dai contesti più disparati, spesso con vite molto simili ai poètes maudits del secolo precedente o a quelli che più tardi finiranno sotto il mito della Beat generation: ex investigatori privati alcolizzati, flaneurs stravaganti, ribelli avvezzi al carcere, cupi tossicomani, nevrotici eccentrici, personalità tormentate e disturbate... insomma, gran parte dei contenuti noir non erano semplici parti dell'immaginazione, ma rielaborazioni di esperienze dirette degli stessi autori.


Contrariamente al giallo in cui il protagonista è sempre dalla parte del "bene" e della giustizia, i personaggi principali del noir sono perlopiù perdenti disillusi, ambigui e tormentati, di dubbia moralità e induriti dalla vita di strada, caratterizzati da un tono di disincanto generale e di ininterrotto cinismo. Il protagonista infatti è quasi sempre un antieroe solitario che vive ai margini della società, un giustiziere notturno, un "angelo caduto", un detective assai fallibile (mezzo truffatore, mezzo poliziotto) che si muove allo sbaraglio per risolvere un qualche mistero (ovviamente sotto lauto compenso), in una situazione in medias res (coinvolto cioè in una serie di avvenimenti che, come in romanzo kafkiano, hanno avuto già inizio prima della sua comparsa). Tali personaggi sono parte costituente di un ambiente urbano con "i suoi moderni orrori, fatti di corruzione e miseria, di nevrosi e insensatezza" (M. Boncompagni, in AA.VV., 1989, p.56), in cui nessuno è davvero innocente, nemmeno le vittime, ossia di "un mondo di disperazione, annegato nello squallore delle città, dove si respira angoscia, tra individui spesso condannati a pagare con la vita." (Giovannini, 2000, p. 32)


Sin City (2005), di R. Rodriguez, F. Miller

Un altro topos appartenente al noir hard-boiled come il duro con l'impermeabile e cappello, è quello della femme fatale o dark lady (non a caso Freud definiva la donna il "continente nero" della psicoanalisi - per approfondimenti...): l'universo noir è costellato da donne tenebrose che incarnano una sensualità insidiosa e maledetta dove l'eros diventa intimamente connesso alla morte, con lo scopo di trascinare l'uomo verso un'inevitabile rovina. Ovvero una donna "ragno" (l'immancabile vedova nera) che mostra tutto il suo lato più distruttivo e pericoloso per un maschio che, attraverso la propria rudezza violenta e sadica da finto macho (non molto dissimile dal laconico cowboy di retaggio western), prova a controllarla e dominarla per non esserne sopraffatto. In altri termini, il noir mostra ancora una volta come la donna rappresenti il luogo di proiezione di tutte le più inquietanti e ataviche fantasie maschili (per approfondimenti...), in cui l'altro polo dell'archetipo femminile (la vergine, la madre, la donna tenera e redentrice - simboleggiate spesso da un contatto primigenio con gli elementi della natura, primo fra tutti l'acqua), proprio perchè assassinato dal mondo noir, lascia in modo pervasivo un perenne sentimento di nostalgia, come "un sogno che appartiene ad un passato vagheggiato" (J, Place, in AA.VV., 1989, p. 256).


"L'acqua sembra essere oggetto di un'attrazione quasi freudiana. Le strade vuote del noir sono quasi sempre lucide, bagnate dalla pioggia serale. L'intensità della pioggia tende ad essere proporzionale a quella del dramma. Come luoghi privilegiati per gli appuntamenti, i moli e le banchine sono secondi soltanto ai vicoli." (P. Schrader, in AA.VV., 1989, p. 173-174)


A differenza del giallo, la ragion d'essere del noir non è il fatto di ricercare chi ha commesso un delitto attraverso il semplice schema della risoluzione catartica del puzzle (anche perchè nel noir il mistero non possiede mai una soluzione certa, e i problemi non di rado rimangono insoluti), ma piuttosto il perchè il delitto è stato commesso e cos'è che lo ha innescato nella mente dell'omicida. Perchè nonostante la struttura formale del noir sia fondamentalmente priva di qualsiasi regola, la narrazione privilegiata rimane l'uso della prima persona, affinchè in tutta la trama possa emergere il mondo com'è vissuto soggettivamente dal protagonista. L'intento noir è infatti sempre analitico, intimistico, individualista, in cui "l'unica cosa che conta è l'enigma della psicologia dei personaggi, dei loro rapporti di amore/odio" (N. Frank, in AA.VV., 1989, p. 137), rappresentato specularmente da "un intrico di intenti e di tranelli, il cui significato ultimo rimane distante e sembra farsi sempre più remoto". (R. Borde, in AA.VV., 1989, p. 156)

M - Il mostro di Düsseldorf (1931), di F. Lang

Inoltre, contrariamente ai generi affini che delimitano buoni e cattivi giocando a "guardie e ladri", il noir evidenzia come il nemico, il mostro, non sia solo un criminale, uno straniero, una "mela marcia" tra le mele sane del cesto, bensì una parte costitutiva di ogni personaggio, con il volto anonimo di chiunque, in un contesto dove il bene e il male, il legale e l'illegale non appaiono mai nettamente distinguibili. In altre parole, come già ricordava anche Freud, il noir mostra come la psicopatologia che si cela dietro alle motivazioni dei delitti sia in intima continuità con la cosiddetta normalità, e come il confine che separa la sanità dalla follia, l'ordine dal caos, sia in realtà assai più sottile di quanto si creda.

Siamo dunque ben lontani dall'ordine geometrico e rassicurante dei racconti di Agatha Christie o dalle avventure descritte da A.C. Doyle su Sherlock Holmes, finalizzate a lasciare nel lettore un'impressione di sicurezza generale una volta in cui "il grande detective depositario di ragione, verità e giustizia" (Bonfantini, 2007, p. 87), riesce sempre a spiegare e risolvere tutto attraverso la sua visione del mondo basata su un solido pragmatismo positivistico strutturato dalle scienze naturali e dalla logica deduttiva dei fatti. Invece nel mondo del noir, non esistendo più nè eroi nè modelli di comportamento, il problema necessita di essere affrontato sempre a livello individuale, in un modo in cui non di rado i valori finiscono per capovolgersi: d'altronde "per acciuffare un serial killer occorre essere come lui e, in ultima analisi, a separare i due è per lo più una questione di fortuna" (J. Holt, in Conard, 2006, p. 60).


Il noir non potrebbe esistere senza la sua caratteristica atmosfera dove forma stilistica e contenuto si fondono inestricabilmente, creando una sensazione costante di minaccia imminente, di soffocante paranoia, come se si fosse all'interno di un incubo. L'intero scenario del noir costituisce il crogiolo proiettivo del tormentato mondo interiore dei vari personaggi in scena: "chi cade nel mondo noir ha la sensazione di essere in trappola, preso in una rete o in una ragnatela" (Ibid., p.33).

L'ambientazione privilegiata del noir è infatti costituita dai "luoghi" della notte che parlano come voce narrante: claustrofobici grovigli urbani dove regna la criminalità e il degrado dei bassifondi, ma anche stanze buie dove la luce filtra attraverso le veneziane, strade bagnate di pioggia in cui l'acqua scorre anche dalle grondaie, magazzini polverosi e abbandonati, loschi night-club, squallidi alberghetti, chiusi locali malfamati in cui è sempre buio, gremiti di tavoli per il poker e il whiskey con un sottofondo di musica rigorosamente jazz. Perchè i veri protagonisti del noir sono gli ambienti notturni, le luci soffuse, rarefatte o intermittenti (dei neon pubblicitari), le ombre oblique di qualche lampione, la nebbia che si confonde con il fumo di infinite sigarette. Inutile dire che questo enorme gioco di chiaroscuri su cui si regge tutto il cinema noir possieda radici decisamente europee, come dimostra la forte influenza del cinema espressionista (da cui provenivano direttamente alcuni esuli tedeschi come R. Siodmak, B. Wilder o F. Lang e il suo ciclo sul Dottor Mabuse)


"I gangster si trovano a mezzogiorno in un ufficio con le tende tirate, al buio. Dal soffitto le luci pendono basse, mentre sul pavimento ci sono lampade che raramente superano il metro e mezzo di altezza. Si ha sempre il sospetto che, se queste luci fossero improvvisamente accese e proiettate sui personaggi, questi scapperebbero urlando, come il conte Dracula all'alba. [...] Nelle stanze buie del film noir, la luce penetra in forme così strane - trapezoidi irregolari, triangoli ottusi, fessure verticali - da indurre a pensare che le finestre siano state modellate con un temperino." (P. Schrader, in AA.VV., 1989, p. 173-174)


I nottambuli, D. Hopper (1942)

D'altronde il noir fornisce un ritratto spietato di una società profondamente in crisi (la grande crisi economica del '29 dell'America post-bellica) in cui viene illustrata senza alcun tipo di edulcorazione una realtà spietata e deputata al vizio, dominata da precarietà e dubbio, insicurezza, ambivalenza, opacità, ipocrisia: il clima che si respira è quello di un degrado morale che non risparmia nessuno, tra degenerazione del potere, corrosione del denaro e corruzione generalizzata. Il noir mostra cioè l'Ombra (le cose da tenere nascoste), "l'altra faccia della luna", lo specchio oscuro (già denunciato dalla Lost Generation di J. Steinbeck, J. S. Fitzgerald, E. Hemingway. H. Miller) che si cela in realtà dietro l'apparenza del mondo dei ricchi, dei potenti signori e delle raffinate signore d'alto borgo dell'America dabbene (con le loro eleganti ville, case da gioco, piscine, chaffeur...). Una disamina umana che ancora una volta riduce estremamente la distanza tra l'upperworld della società "perbene" e l'underworld del sottobosco della malavita e della "feccia" dei ghetti, come se l'uno rappresentasse quasi il Doppelgänger dell'altro.


"Uomini e donne alla deriva della vita, di loro stessi, rintronati dalla fatica, avviliti dalla miseria, storditi dall'alcool. Vagabondi, larve di un passato migliore che continua ad opprimere come una maledizione il presente, randagi delle periferie, abitatori e strimpellatori di bettole. Poliziotti paranoici, o corrotti, o vittime essi stessi. Donne che 'da tempo hanno perso le forme assieme alle speranze', merce gratuita per cinque minuti di amore, di oblio dei diseredati, mogli esacerbate che dalle luride cucine inveiscono contro mariti inetti, alcolizzati sconfitti da una miseria che si è ingoiata anche sentimenti, affetti, passioni.

E, sullo sfondo, il vicolo, ricettacolo di umori e odori, agonizzante nell'afa estiva o nella morsa del gelo invernale, ma anche sicuro asilo di tutte le disperazioni. Il vicolo che si fa persona, che diventa protagonista e che, con quella macchia rossastra di sangue essiccato sulla grigia pietra, che brilla sotto il raggio della luna, assurge a simbolo dell'impossibilità dell'innocenza in un mondo che tutto sporca, che tutto contamina. Un mondo rapace dove nessuno è in fondo responsabile del proprio destino perchè è sempre e solo il destino stesso che decide. Un mondo, infine, che nega il riscatto, la speranza, la possibilità di una giustizia e persino il dolce-amaro sapore della vendetta." (L. Volpatti, in AA.VV., 1989, p. 110)


Relatività (1953), di M.C. Escher

In tal senso la tragedia sociale diventa intimamente connessa con quella personale (per approfondimenti...): in analogia con la corrente dell'Esistenzialismo, il noir sottolinea continuamente l'insensatezza della vita dell'uomo moderno solo, disorientato e alienato, in un mondo instabile e disincantato senza più alcun punto di riferimento trascendentale o morale. Egli, con l'unica certezza della sua contingenza, si trova infatti "gettato" (Heidegger, 1927) in una moderna wasteland, nel tentativo di "trarre dal caos un pò d'ordine, e di dare al proprio universo un pò di senso" (R. Porfirio, in AA.VV., 1989, p. 220). L'uomo del noir è esattamente colui che "ad ogni angolo di strada può essere colpito in volto dal sentimento dell'assurdo" (Camus, 1942), invaso da una sorta di "terrore, inteso come un diffuso timore per qualcosa di non ben definito, che nella sua indeterminatezza risulta ossessionante". (R. Porfirio, in AA.VV., 1989, p. 218). Il noir rappresenta cioè un modo particolare di guardare il mondo, fornendo una definita concezione esistenziale della vita che non lascia spazio a nessuna possibilità di evasione o di redenzione, se non quella derivante dal piacere agrodolce di un'ironia onnipresente, spesso beffarda (per approfondimenti...).


"Ciò che viene scoperchiato in ogni grande film noir è un mondo nel quale molte più domande sulla torbidezza della natura umana rimangono sostanzialmente inevase. Così, all'interno di questo sconfinato labirinto dell'essere, non esiste luogo sicuro in cui rifugiarsi, nè una porta nascosta della salvezza, nè, in ultima analisi, alcuna possibilità di fuga." (J. Abrams, in Conard, 2006, p. 115)


Dunque il noir coglie pienamente la morale freudiana nel momento in cui rivela in tutto il suo crudo realismo come l'uomo non sia affatto un individuo "libero di scegliere e di volere", in quanto nel protagonista noir è sempre il determinismo fatalistico del passato a scrivere le sorti del suo futuro (non a caso l'angolazione di ripresa più ricorrente è quella fatta dall'alto, sulla testa dei personaggi). Egli infatti, muovendosi freneticamente nel "labirinto rizomatico" (Eco, 2007) dei propri fantasmi inconsci, come in una sorta di "casa degli specchi" da luna park, finisce sempre per rimanere intrappolato nella ragnatela del proprio destino ineluttabile (proprio come Edipo con l'enigma della Sfinge).


"Il protagonista emblematico del film noir, spesso colto nella morsa di esigenze emotive di un desiderio sessuale disperati (così come è tipizzato dagli incontri con la femme fatale), deve agire sullo sfondo della duplicità umana e della minaccia di una morte incombente. La mano del passato gli sradica la vita dagli ormeggi del presente, probabilmente già vacillanti di per sè. I personaggi noir appaiono sempre in fuga (a volte letteralmente, altre da se stessi), i più sventurati sono imbrigliati in schemi, in reti e in strutture che non presentano falle. Soprattutto, il film noir ritrae un mondo di personaggi intrappolati in circostanze che non si sono creati interamente da sè e dalle quali non riescono ad affrancarsi, figure irrimediabilmente isolate e pressochè immobilizzate in dilemmi morali di cui devono assecondare le implicazioni, per così dire, fino alla fine della notte."(S. Senders, in Conard, 2006, p. 148)


Eppure, gli abissi dentro cui fa precipitare il noir sono ben noti alla clinica psicoanalitica, avvezza alle forze oscure che incatenano misteriosamente l'uomo in quel "calderone di impulsi ribollenti" (Freud, 1933) - il caos dell'Es -, dove le leggi della logica scompaiono e i contrari possono coesistere fianco a fianco. D'altronde, che altro potrebbe rappresentare il materiale radioattivo contenuto nella misteriosa valigetta che brucia e uccide coloro che osano aprirla e guardarne il contenuto in Un bacio e una pistola? (cosa che poi sarà ripresa successivamente anche in Pulp Fiction e in I predatori dell'arca perduta).

Infatti, anche nella stanza d'analisi lo psicoanalista sembra assumere le vesti del detective nel momento in cui si propone di cercare una "verità" storica dal materiale del paziente, tentando di rintracciare connessioni col passato attraverso i segreti e le fantasie più scabrose della mente. E in questa "indagine" l'analista segue in modo "abduttivo" una "pista", fidandosi della propria intuizione (inconscia) per formulare e vagliare ipotesi con la propria logica (processo secondario), operando cioè sempre "al confine del sogno" (Ogden, 2011). Ma soprattutto, ogni volta l'analista si lascia invadere dai "fantasmi" che abitano il paziente, affinchè egli possa "mettersi nei panni di chiunque" (Simenon, 1949, p. 61), proprio come è solito fare il commissario Maigret, il celebre "aggiustatore di destini" (ibid.), che "si lascia permeare dall'ambiente del delitto, che ha bisogno di entrare nella mente, nelle abitudini, nei panni della vittima o della persona sospetta" (Mazzacane, in AA.VV., 2011), per risolvere l'intricato enigma.


Io ti salverò (1945), di A. Hitchcock

Riferimenti bibliografici:


AA.VV. (1989). I colori del nero. Ubulibri, Milano.

AA.VV. (2011). Psicoanalisi in giallo. Raffaello Cortina Ed., Milano.

Bonfantini M. (2007). Il giallo e il noir. Moretti&Vitali, Bergamo.

Camus A. (1942). Il mito di Sisifo. Bompiani, Milano, 1947.

Conard M.T. (2006). Platone suona sempre due volte. La filosofia del noir, Ed. Piemme, Casale Monferrato, 2007

Eco U. (2007). Dall'albero al labirinto. Studi storici sul segno e l'interpretazione, Milano, Bompiani.

Freud S. (1919), Il perturbante, in Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio, Boringhieri, Torino, 980.

Freud S. (1933), Introduzione alla psicoanalisi: nuova serie di lezioni. Boringhieri, Torino, 1980.

Giovannini F. (2000). Storia del noir. Castelvecchi Ed., Roma.

Grimaldi L. (1996). Il giallo e il nero. Pratiche Ed., Milano.

Heidegger M. (1927). Essere e tempo. Mondadori, Milano, 2017.

Ogden T. (2001). Conversazioni al confine del sogno, Astrolabio, Roma, 2003.

Simenon G. (1949). La prima inchiesta di Maigret. Adelphi, Milano, 2001.


Suggerimenti filmografici:


Rebecca la prima moglie (1940), di A. Hitchcock

Il mistero del falco (1941) e Falco maltese (1941), di J. Huston - genere hard-boiled

La chiave di vetro (1942), di S. Heisler - genere hard-boiled

La fiamma del peccato (1944), di B. Wilder - genere hard-boiled

Detour - Deviazione per l'inferno (1945), di E.G. Ulmer

Il grande sonno (1946), di H. Hawks - genere hard-boiled

Gilda (1946), di C. Vidor - genere hard-boiled

I gangsters (1946) e Doppio gioco (1949), di R. Siodmak - genere hard-boiled

Notorius, l'amante perduta (1946), di A. Hitchcock - genere spy-noir

La signora di Shangai (1947), di O. Welles

Il bacio della morte (1947), di H. Hathaway

Le catene della colpa (1947), di J. Tourneur

Il terzo uomo (1949), di C. Reed - genere spy-noir

Viale del tramonto (1950), di B. Wilder

Giungla d'asfalto (1950), di J. Huston - genere hard-boiled

Bandiera gialla (1950), di E. Kazan

Il grande caldo (1953), di F. Lang - genere hard-boiled

La finestra sul cortile (1954), di A. Hitchcock

Un bacio e una pistola (1955), di R. Aldrich - genere hard-boiled

La polizia bussa alla porta (1955), di J.H. Lewis - genere hard-boiled

Rififi (1955), di J. Dassin - genere hard-boiled

Rapina a mano armata (1956), di S. Kubrick

L'infernale Quinlan (1958), di O. Welles

Psycho (1960), di A. Hitchcock - genere post-noir

Fino all'ultimo respiro (1960), di J. L. Godard - genere noir Nouvelle Vague

Frank Costello faccia d'angelo (1967), di J. Melville

Il lungo addio (1973), di R. Altman - genere post-noir

Chinatown (1974), di R. Polanski - genere post-noir

Taxi driver (1976), di M. Scorsese - genere post-noir

Il postino suona sempre due volte (1982), di B. Rafelson - genere neo-noir

Blade Runner (1982), di R. Scott - genere cyber-noir

Lo specchio del desiderio (1983), di J.J. Beinex - genere neo-noir

Velluto blu (1986) e Strade perdute (1997) di D. Lynch - genere neo-noir

Il nome della rosa (1986), di J.J. Annaud - genere neo-noir

Twin Peaks (1990), 1° stagione Serie TV, di D. Lynch

Le iene (1992), di Q. Tarantino - genere neo-noir

Il cattivo tenente (1992), di A. Ferrara - genere neo-noir

Sonatine (1993), di T. Kitano - genere neo-noir

Seven (1995), di D. Fincher - genere thriller-noir

Fargo (1996), di J. e E. Cohen - genere neo-noir

L'avvocato del diavolo (1997), di T. Hackford - genere neo-noir

L.A: Confidential (1997), di C. Hanson - remake

Fight club (1999), di D. Fincher - genere neo-noir

Memento (2000), di C. Nolan - genere neo-noir

L'uomo che non c'era (2001), di J. e E. Cohen - genere neo-noir

Collateral (2004), di M. Mann - genere neo-noir

Carlito's Way (2005), di B. De Palma - genere neo-noir

Sin city (2005), di R. Rodriguez - genere neo-noir

True detective (2014), 1° stagione Serie TV, di C. Fukunaga

Vizio di forma (2015), di T.P. Anderson - genere neo-noir

The Batman (2022), di M. Reeves

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